PRECAMERA CATALITICA: RICADUTE AMBIENTALI E RISPARMIO
ENERGETICO CATHALIC PRECHAMBER: AMBIENT POLLUTION & ENERGY SAVING DAL QUOTIDIANO "IL GIORNO" - OTTOBRE 2005
VERSIONE STAMPABILE 44° CONVEGNO INTERNAZIONALE AICARR, 3 marzo 2004 – FIERA di MILANO EXPOCOMFORT; ESTRATTO dagli ATTI del CONVEGNO, VOL. 1, PAG. 95 e SEGG. Precamera Catalitica: ricadute ambientali e risparmio energetico PIER MARIA BORIA Fisico Progettista - Tecnoline S.R.L. Milano www.tecnolineitalia.it Germania 1 Germania 2 RIASSUNTO E’ poco noto che un notevole contributo al miglioramento della polluzione atmosferica, da parte delle caldaie adibite al riscaldamento di ambienti, può essere dato da dispositivi in grado di evitare nicchie di spreco di combustibile spesso trascurate. Sembrerà banale, ma la minimizzazione dei consumi (che, come vedremo, incide in modo clamoroso sulla diminuzione dell’inquinamento ambientale) è possibile solo se si effettua un’analisi attenta delle possibili perdite “di sistema” (e non “di principio”, come la perdita termica al camino) che, almeno a prima vista, non sono facili da individuare. A questo proposito va registrata, anche tra addetti a lavori che parlano ex-cathedra, una notevole e perniciosa resistenza a correlare il risparmio energetico in tali impianti con il Rendimento Globale Medio Stagionale, etaGMS (UNI 10348; 9), confondendo il risparmio con il Rendimento di Combustione, etaC, (errore diffuso e gravissimo derivante, forse, da una errata sensazione provocata dal DPR 412/93 che impone, tra l’altro, la periodica analisi dei fumi). Nel corso di pluriennali applicazioni di precamere catalitiche su impianti esistenti e dal confronto con prove strumentate (sia in ambiti universitari che sul campo), sono scaturite osservazioni che ci mettono in grado di sapere quando gli sprechi di combustibile ci sono e sono consistenti e, in definitiva, quando è possibile realizzare risparmi. Se è riconosciuta la validità del nostro motto “niente spreco, niente risparmio” (nel senso che il risparmio di combustibile è possibile solo in presenza di un qualche suo spreco) non è altrettanto riconosciuto, come dicevamo sopra, che è il etaGMS la cartina di tornasole per gli sprechi. Infatti esso, in condizioni che si verificano frequentemente, può assumere valori inaspettatamente bassi (anche meno del 50%) pur in presenza di hC elevati (>90%): quando ciò avviene è possibile applicare strategie realmente efficaci di risparmio. Il problema è che, generalmente, nessun utente (per esempio un condomino) conosce tale rendimento; inoltre ogni sistema edificio/impianto costituisce un unicum a cui non è possibile applicare, in condizioni di carico identiche, diverse soluzioni impiantistiche per fare confronti diretti: per l’utente tale sistema è un’assegnazione fatale e non può scegliere tra diversi impianti applicabili al medesimo edificio. Un tipo di precamera catalitica atta alla diminuzione dei consumi di combustibile (e, quindi come vedremo, alla diminuzione della polluzione atmosferica) è stata presentata dallo scrivente anche sulla nostra rivista CDA, nel 1996 (basata sull’interazione elettromagnetica tra la precamera ad alta emissività, dalle caratteristiche vicini al Corpo Nero, e la camera di combustione): da allora abbiamo fatto molti progressi nell’interpretazione del modus operandi di tale dispositivo, per cui la nuova teoria (senz’altro perfettibile e che qui, tra l’altro, svilupperemo) basata su considerazioni inerenti il etaGMS, ci pare più articolata, completa e soddisfacente. ABSTRACT This is a subject of never-ending interest: the atmosphere pollution due to ambient heating boilers. Nevertheless it is not so widely known that a considerable contribution to pollution is given by the devices used to avoid niches of fuel waste. Of course all this could seem banal but the minimization of fuel consumption (and so the reduction of environmental pollution) must be submitted to a careful analysis of the possible leaks of the “technical arrangement” (and not of principle as chimney leaks) that, at first sight, are not easy to perceive. On this subject you can notice, even among experts, a considerable and pernicious resistance to understand that energetic saving in systems must be related to the Global Medium Efficiency of the Season (UNI 10348), mixing up the saving with the Efficiency of Combustion (a widespread and serious mistake). Long-term applications of catalytic prechamber in existing systems and their comparison with experimental tests (obtained and in universitary observations and in practical field) have originated observations that can reveal when energetic leaks are substantial and so when it is possible to save. If the validity of the saying “no waste, no saving” is obvious, it is not so obvious that the Global Medium Efficiency of the Season can be considered the litmus-paper for leaks. This is possible because, in certain conditions, it can take unexpected low values (even less than 60%) even if Efficiency of Combustion are high (>90%): when this happens, it is possible to apply very effective strategies of saving. Among them we can consider the proposals of “energetic services” (at the moment in development) associated with the retraining of the Thermal Power Plant. The problem is that no user (for istance in a condominium) generally knows this efficiency; furthermore every combination building/system is something unique to which is impossible to apply, in conditions of identical thermal load, different solutions of systems. That’s why no comparison can be done: besides for users this combination is a fatal assignation because they can not choose among different systems applied to the same building. The writer of this article described, on an Italian specialized review (cfr. CDA, 10/1996), a kind of catalytic prechamber built for the considerable improvement of the Medium Efficiency of the Season (we prefere the definition given by UNI 10200): since then much progress in interpretating the “modus operandi” of this device has been done and it explains why this new theory, based on Global Medium Efficiency cansideration, is very different from the previous one. 1. SULLE PERDITE Niente spreco, niente risparmio: il punto di partenza delle nostre idee si basa su elementari osservazioni sugli sprechi, protrattesi per circa nove anni nell’applicazione in tante centrali termiche di precamere catalitiche in ceramica, nelle caldaie per riscaldamento di ambienti (v. Figura 1). Figura 1) – Precamera Catalitica Il dato sperimentale certo era che la precamera poteva diminuire i consumi di un impianto in misura variabile (ma a volte assai consistente: anche più del 20%): la teoria del Corpo Nero, applicata all’oggetto ceramico avente una emissività e>0,9, implicava un forte scambio di energia radiante (con conseguenti correnti di Foucault ed Effetto Pelle che vedremo più oltre) tra precamera e camera di combustione, ma senza rendere conto in modo chiaro degli elevati risparmi energetici (obiezione mossa dal compianto prof. Anglesio). La chiave per aprire la porta a nuove idee, su di un argomento così trito, ci è stata fornita dal confronto tra i vari rendimenti (che non vanno assolutamente mai privati del proprio aggettivo) previsti dalle norme UNI: infatti, tali norme, suddividono in tante parti il processo di riscaldamento degli ambienti (com’è d’uso nello studio delle trasformazioni termodinamiche) associando a ciascuna parte il corrispondente concetto di rendimento parziale. Come stiamo per vedere, un ruolo assai importante in queste nostre considerazioni è rivestito dal Fattore di Carico (FC; UNI 10348, 3.2, prospetto I) che definiremmo come il rapporto tra la potenza termica media richiesta dall’impianto in una stagione e la potenza termica media fornita dal bruciatore, in funzionamento reale, nel medesimo periodo di tempo (nel caso del bruciatore on/off monostadio la potenza media fornita in funzionamento coincide con quella nominale). Nella Tabella I sono riportati i rendimenti di natura termodinamica catalogati dall’UNI, poco dipendenti dal Fattore di Carico, riconoscibili in un qualunque impianto di riscaldamento: Figura 2) - Elementi tipici di un impianti di riscaldamento centralizzato Tabella I: Rendimenti termici unificati Moltiplicando tra di loro gli ultimi quattro rendimenti otteniamo un parametro, poco dipendente dal Fattore di Carico, che chiameremo Rendimento Termico Stagionale, etaTS, in grado di caratterizzare termicamente il sistema edificio/impianto: A questo punto la tabella UNI 10348, al punto 9, ci suggerisce un’osservazione che nell’economia del nostro discorso, è fondamentale per giungere all’individuazione di sprechi energetici introducendo il Rendimento Globale Medio Stagionale. Anche la tabella UNI 10200, al punto 7.1.1, si occupa di un Rendimento Medio Stagionale, etaMS: “il etaMS (con funzionamento al carico reale) dell’impianto di produzione del calore (per esempio caldaia) nel periodo di calcolo considerato è dato da: Q rappresenta la quantità di calore utile determinata tramite letture successive (iniziale e finale del periodo considerato) all’uscita dell’impianto di produzione del calore, Gc rappresenta la quantità di combustibile consumata nel medesimo periodo e Pc rappresenta il potere calorifico inferiore del combustibile. Rispetto alla formulazione del hGMS della UNI 10348; 9 ci piace di più la (2) della UNI 10200 perché è formalmente più semplice ed elegante e fa riferimento al “periodo considerato” (però non tiene conto degli ultimi tre rendimenti della Tabella I, d’altronde poco influenzati dal FC). Il riferimento al “periodo considerato” può essere importante dal punto di vista operativo perché non impone una vera e propria stagione di osservazioni per determinarne il valore: per esempio all’Università di Cosenza (prof. Sabato; si tratta di prove commissionate da privati i cui report , agli atti delle Università, ricadono sotto la legge della privacy, 675/96) sono state effettuate delle prove, con precamere, durate qualche giorno: ci pare lecito, applicando la (2), parlare di determinazione del etaMS in quel periodo di prova anche se non è un’intera stagione (però la locuzione Rendimento Medio del Periodo ci sembrerebbe preferibile). La stessa osservazione vale per l’Università di Verona (ing. Garavaso1), qualche mese) e per l’Università di Trieste (prof. Mosetti e p.i. Pellegrini1); in quest’ultimo caso sono state condotte indagini su altri dispositivi). Nella letteratura tecnica corrente si trovano diverse valutazioni riguardanti il etaGMS: in Figura 2) ne riportiamo una rappresentazione grafica, che ci pare attendibile, in funzione del Fattore di Carico. La Figura 3) è tratta dalla rivista “Costruire Impianti” 04/03, pag. 41) Come è noto ai termotecnici “veri” (quelli che bazzicano con una certa frequenza le Centrali Termiche) i gruppi termici che si incontrano sono, nella stragrande maggioranza, esageratamente sovradimensionati: ciò implica Fattori di Carico estremamente ridotti. Per fissare le idee supponiamo di lavorare (caso pratico, che assumiamo come rappresentativo) con un Fattore di Carico del 40%: dalla Figura 2) il etaGMS corrispondente è del 48%: è proprio la differenza tra questo valore reale del etaGMS ed il etaTS definito in (1) che ci indica l’esistenza di uno spreco che, per i motivi fin qui addotti, non può essere attribuito ad una perdita termica, ma ad una perdita che, secondo le nostre osservazioni sperimentali, dipende da una combustione non ottimizzata soprattutto, come vedremo, nei regimi transitori di accensione. A questo punto, forse, si possono spiegare possibili equivoci sul significato del rendimento utile, etaU, che compare a secondo membro della (1): al di là della definizione (che è ben chiara) è l’unico fattore che può fare la differenza tra etaTS e etaGMS, e non è una differenza di poco conto: 83,8% - 48% = 35,8%! Tenendo conto delle perdite “termiche” a bruciatore spento (preventilazione e perdita al camino per tiraggio naturale che, secondo la UNI 10348, Prospetti V e VI, possono ammontare a circa il 2%) la nicchia di perdite, che chiameremo “non termiche”, supera abbondantemente il 30%! La quasi totalità di questo secondo tipo di perdite (virtualmente contemplate da tutti i rendimenti normalizzati contenenti la parola “medio”) è attribuibile a mancata combustione (e/o parziale combustione) del combustibile fossile che non obbedisce a quanto “dicono i libri” (accendo e spengo senza fenomeni collaterali), ma che ha bisogno di un certo tempo per stabilizzare la fiamma e tempo tanto maggiore quanto meno favorevoli sono le condizioni fisiche del volume in cui essa si deve sviluppare. Quasi quasi ci viene la tentazione di proporre l’istituzione del Rendimento d’Incombustione (scic!) di modo che, aggiungendolo tra i fattori del secondo membro della (1), il termine a primo membro rappresenti il etaGMS (in realtà il DPR 412, Art. 5, introduce il Rendimento di Produzione che congloba, in modo che ci sembra piuttosto sbrigativo, sia il Rendimento Utile che le perdite di cui ci stiamo dolendo)! 2. IL BRUCIATORE ON-OFF Per fissare le idee consideriamo un caso limite, detestabile quanto verificabile nella realtà: poniamo che un bruciatore sia chiamato ad accendersi per 30./.40 mila volte in una stagione, esso è soggetto, per altrettante volte, a dei transitori di accensione in condizioni dinamiche completamente diverse da quelle in cui si determina il etaC (UNI 10389; 5), condizioni queste che sono rigidamente stazionarie. Infatti ad ogni partenza (pensiamo ad una caldaia pressurizzata con bruciatore on/off e regolazione termoclimatica compensata, come normalmente avviene negli impianti di riscaldamento di ambienti) si verificano le seguenti condizioni: - la temperatura dell’acqua (che assumiamo come tipico fluido vettore di calore) è la più bassa di tutto il ciclo - la portata d’acqua in caldaia è la più alta (la valvola miscelatrice a tre vie spilla dalla caldaia più acqua man mano che la temperatura in uscita dalla caldaia diminuisce, a parità di temperatura esterna) - al risalire della temperatura dell’acqua si avrà l’andamento contrario. Si ha, dunque, che la formazione della fiamma avviene nelle peggiori condizioni di un ciclo caratterizzato da un “brevissimo” periodo ed in un contesto di variabili continue tali da provocare quelle perdite non termiche (mancata o cattiva combustione) di oltre il 30% del combustibile, ovvero dell’energia termica mancante all’appello sul lato acqua! Che il periodo medio di accensione per ciclo sia brevissimo lo dicono osservazioni elementari: considerando il caso di 35.000 partenze all’anno in una zona climatica da 180 giorni a stagione, per 14 ore al giorno (Milano), il semiperiodo medio di accensione è di circa 2 minuti primi (un ciclo comprende un semiperiodo di accensione ed un semiperiodo di spegnimento che, in prima approssimazione e solo per fissare le idee, riterremo uguali). A titolo di esempio osserviamo che un bruciatore di gas monostadio da 100 m3/h in due minuti (tempo di prelavaggio compreso) consuma circa 3 m3 e supponendo che tra l’apertura della valvola del combustibile, l’inizio della combustione e la stabilizzazione della fiamma trascorrano trenta secondi (chi fa analisi di combustione lo può confermare): possiamo aspettare, per la nostra esperienza, malcombusti 0,6 m3, cioè il 20%! Da quanto fin qui detto appare ovvio che tutto dipende dal Fattore di Carico: certi impianti che hanno il bruciatore modulante premiscelato, hanno la caldaia a temperatura scorrevole e magari sfruttano anche la condensazione dell’acqua contenuta nei fumi (pensiamo a Rendamax, Buderus etc.) lavorano costantemente con fattori di carico virtualmente prossimi all’unità: la nicchia di spreco è praticamente nulla. Gli installatori più esperti ben sanno che riqualificando una Centrale Termica con gruppi termici del tipo descritto possono ottenere anche il 30% di risparmio sullo stesso impianto! Ci conforta in questa convinzione un antefatto storico che, alla luce di quanto detto, assume particolare significato: le precamere mobili (del tipo di cui stiamo parlando), quali accessori da applicare su gruppi termici esistenti, sono note in Germania almeno dai primi anni 80 e nascono da esperienze acquisite nel dopoguerra quando per trasformare una caldaia a carbone veniva applicato un bruciatore soffiato. Allora si rendeva necessario limitare il volume attorno alla fiamma con una precamera in mattoni refrattari perché l’enorme volume della camera di combustione della caldaia contrastava una rapida salita a regime permanente della fiamma inoltre, con la precamera, la combustione (in base al tasso di CO) tendeva a divenire più completa (ing. Socal). Queste osservazioni ci inducono a dire che se si delimita il volume in cui si sviluppa la fiamma (istituendo quella che stiamo chiamando “precamera di combustione”), si raggiungono le condizioni di regime in tempi molto più brevi; ci sembra ragionevole ritenere che ciò avvenga grazie all’elevata densità di energia radiante esistente all’interno della precamera stessa ed all’effetto catalitico della sostanza di cui essa è costituita (almeno nel caso sia fatta di Carburo di Silicio, come qui contemplato). 3. IRRAGGIAMENTO E CATALISI Come è noto l’energia prodotta dalla fiamma assume due forme: radiazione (assorbita in gran parte dalle superfici esposte alla luce della fiamma) e convezione (che i fumi cedono alle superfici di scambio termico). Sulla consistenza relativa delle due quote i pareri non sono perfettamente concordi: un’opinione diffusa attribuisce alla forma radiante dal 30 al 50% dell’energia totale. Con l’aiuto della Figura 4 vediamo come la radiazione agisca su di una camera di combustione in lamiera di ferro: un raggio r, emesso dalla fiamma, intercetta la precamera, come stiamo per vedere si trasforma in radiazione di Corpo Nero e, quindi, incide sulla parete interna della camera di combustione: se l’emissività della lamiera è e1= 0,3, il 30% di tale radiazione viene assorbito ed il 70% riflesso. L'intensità della radiazione I è soggetta ad un’estinzione, in seno al fluido di propagazione per interazione con i gas che incontra, secondo una legge esponenziale dove Io rappresenta l’intensità iniziale di un raggio qualsivoglia, β = β(lambda) (diverso per ciascun componente del miscuglio dei gas e vapori in combustione), rappresenta il coefficiente di estinzione di un mezzo che si può definire semitrasparente, lambda è la lunghezza d’onda della radiazione ed x è la dimensione spaziale. Nelle prime analisi del fenomeno eravamo propensi a trascurare l’energia radiante catturata e reirraggiata dalle particelle in combustione (scattering con b=0) ma, considerando la possibile opacità dei fumi all’avviamento (implicante un elevato coefficiente di estinzione, specialmente nei combustibili liquidi) e l’elevato valor medio della densità di energia elettromagnetica (J/m3) prodotta dalla fiamma (in una camera di combustione può essere di oltre due ordini di grandezza maggiore della densità di energia elettromagnetica solare nella bassa atmosfera in piena estate con cielo terso) ora ci sembra opportuno riconsiderare tale posizione verso un significativo effetto dello scattering nel favorire la riduzione del transitorio di accensione. Certamente la densità di energia elettromagnetica con precamera, nel volume racchiudente la fiamma, è assai più elevata di quella che si avrebbe nella camera di combustione priva di precamera: basti pensare che, essendo questa costituita da un cilindro di dimensioni lineari approssimativamente 1:5 rispetto alla camera di combustione, la densità di radiazione (a meno di effetti secondari certamente favorevoli, dovuti all’effetto di Corpo Nero) è 53 = 125 volte più intensa! Riprendendo la Figura 5: l’energia radiante assorbita dalla camera di combustione, per Induzione Magnetica, fa nascere nella lamiera delle Correnti di Foucault che, per Effetto Joule, producono calore: la lamiera stessa funge da resistenza elettrica. A causa dell’elevatissima frequenza delle correnti indotte esse sono soggette ad un Effetto Pelle (Skin Effect) che limita le correnti di Foucault alla superficie interna della camera di combustione: da lì, per conduzione, il calore raggiunge il lato bagnato della camera. Da notare che l’interno della camera di combustione, quando sottoposto a tanta radiazione, tende a mantenersi più pulito da quelle incrostazioni che si notano all’interno delle camere di combustione maggiormente riscontrabili nel caso di combustibili liquidi. La radiazione riflessa, che contribuisce a costituire ciò che a suo tempo chiamammo radiazione parassita, riempie l’intero volume della camera di combustione interagendo con il suo contenuto e con la precamera che ha un comportamento prossimo a quello del Corpo Nero (il manufatto in Carburo di Silicio ha un’emissività e> 0,9). A chi obbietta che la precamera può ostacolare la radiazione emessa dalla fiamma (immaginata come un corpo solido radiante) dimostriamo che il corpo nero interposto si comporta con trasparenza a quella radiazione “diretta”. Infatti riprendendo la nostra teoria iniziale (CDA 10/96 , La Termotecnica 10/96, ove tra l’altro si dimostrava che, a parità di temperature, tra lamiera di ferro e ceramica si ha un vantaggio del 64% nella trasmissione di energia radiante rispetto al caso lamiera/lamiera), consideriamo l’espressione del Coefficiente di Mutuo Irraggiamento: dove σ rappresenta la Costante di Stephan e Boltzmann. All’aumentare di e2 il valore della (4) aumenta in maniera monotona. In pratica, però, esiste un valor massimo realmente possibile di tale espressione (fermo restando e1 che caratterizza il ricevitore della radiazione, cioè la camera di combustione in metallo) che si verifica quando e2= 1 (valor massimo possibile competente al Corpo Nero). Poiché è si conclude che il Corpo Nero non ostacola la radiazione diretta. Se e2= 0,9 (precamera in SiC) C1,2 differisce in modo trascurabile dal limite (5), il che conferma la trasparenza del manufatto alla radiazione diretta. A questa proprietà si deve sommare l’effetto derivante dalla trasformazione della radiazione di combustione (limitata alle frequenze che caratterizzano la formazione di CO2 ed H2O) in radiazione di Corpo Nero (anche a spese dell’energia contenuta nei fumi che riscaldano la precamera): è un fatto in grado di incrementare le Correnti di Foucault poiché, a parità di temperatura di emissione, la radiazione di Corpo Nero ha il contenuto energetico massimo. Quando si riesce ad incrementare la quota di energia in forma radiante trasmessa alla camera di combustione si può ottenere una minore temperatura dei fumi con il conseguente vantaggio sul Rendimento di Combustione (cfr. Figg. 5), 6), 7)). La trasparenza elettromagnetica e l’Effetto di Corpo Nero spiegano la maggiore efficacia delle precamere ceramiche rispetto a quelle metalliche (senza considerare problemi legati alla refrattarietà dei manufatti in metallo che incide sulla stabilità della forma del manufatto stesso). Esistono bruciatori (per esempio NST) che lavorano per sola radiazione, adottano opportune testate ceramiche e realizzano dei etaGMS elevatissimi: l’irraggiamento ha efficacia istantanea (la formazione delle Correnti di Foucault non è soggetta ad inerzia di sorta) e contribuisce a mantenere libere le superfici da pericoli di condensa anche a minori temperature dell’acqua ed a mantenere più pulita la superficie della camera di combustione. Per quanto riguarda la catalisi ricordiamo che è la semplice presenza di una sostanza (che alla fine della reazione risulta inalterata) ad influire sulle velocità di reazione. Un catalizzatore assai noto è la spugna di Platino: perché è importante la forma spugnosa? Per quanto sui meccanismi ci siano idee sostanzialmente approssimative ci pare di poter dire che è la superficie del catalizzatore a produrre, nel proprio immediato intorno, dei microcampi elettrici in grado di influenzare i reagenti in fase ionica; da qui la ricerca della maggior superficie del catalizzatore e, quindi, la forma spugnosa. Nel caso del Carburo di Silicio, grazie a ricerche effettuate da chi scrive presso l’Università di Pavia, siamo giunti a pensare che la superficie dei microcristalli, con cui vengono prodotte le precamere, contenga orbitali elettronici ibridi sp3 che costituiscono, nel loro intorno, un microcampo elettrico in grado di orientare le molecole che crackizzano in fase di combustione in modo da favorire la reazione chimica tra C, H e O. In diverse applicazioni si è notata la tendenza alla diminuzione di CO durante la combustione e le modalità d’interazione corrispondono a quelle catalitiche. 4. COx, NOx E AMBIENTE E’ assai diffusa una mentalità pseudoscientifica che demonizza la CO2 la cui unica colpa è di essere essenziale alla vita vegetale (e, di conseguenza, alla vita animale)! Quando guardiamo un albero non ci rendiamo conto che il legno di cui è fatto è costituito soprattutto da Carbonio sottratto all’atmosfera tramite la Sintesi Clorofilliana. La sentenza magica che condanna, coram populo, la CO2 è “produce l’effetto serra”: tale conclusione è usata come il prezzemolo e dà la patente di istruito e di amante della Natura a chiunque la usi. Tutte le reazioni di combustione di composti organici (ivi comprese quelle lente costituite dalla decomposizione di vegetali ed animali) hanno, tra i prodotti finali, la CO2. Senza la vita vegetale la quantità di tale sostanza presente nell’atmosfera tenderebbe ad aumentare fino al totale consumo dei due elementi componenti. Infatti, se scriviamo la reazione fotosintetica che consente la realizzazione del Ciclo del Carbonio, possiamo apprezzare la trasformazione inversa alla combustione dovuta all’azione della luce sui vegetali: L’energia dei fotoni catturati dal vegetale è rappresentata da nhv (n numero di quanti necessari affinché avvenga la reazione, circa 8 per molecola di CO2 con spettro solare, h costante di Planck e v frequenza della radiazione luminosa) ed è l’ingrediente essenziale affinché la reazione abbia luogo da sinistra verso destra; CH2O rappresenta il legno che, quando verrà bruciato (anche con reazione lenta nello stomaco di qualcuno, sotto forma d’insalata), ci darà ancora Acqua ed Anidride Carbonica (reazione da destra verso sinistra): lode alla sconfinata potenza progettuale del Divin Meccanico! Che dire agli ambientalisti alla moda?: se è vero che la produzione mondiale di CO2 è tale da incrementare l’effetto serra, esiste un solo rimedio: astenersi dalle combustioni non necessarie e tornare a festeggiare gli alberi in modo serio, almeno quanto si faceva tanti (ahimè!) anni fa, quando la Festa dell’Albero era anche una meravigliosa occasione per un giorno di vacanza (chissà per quale ragione è stata abolita!?). Torniamo a quanto strettamente ci riguarda: mentre la CO2 va vista come un composto essenziale per la crescita del legno (e non velenoso), i veri nemici dell’ambiente sono costituiti da CO (velenoso ed accumulabile nei tessuti animali), NOx e da quegli idrocarburi polluiti, tal quali o malcombusti, dagli impianti di riscaldamento a basso etaGMS. Su quest’ultimo fronte molto possono fare (visto l’attuale parco caldaie) le Precamere Catalitiche che agiscono nel modo che abbiamo sopra descritto. Per quanto concerne gli Ossidi di Azoto è noto che essi sono responsabili delle piogge acide (portano alla formazione di acido nitrico, nitriti e nitrati): poiché l’ossidazione dell’Azoto richiede temperature di fiamma elevate i costruttori di caldaie sono alla ricerca di abbinamenti appropriati con i bruciatori al fine di abbassare tale temperatura. Le caldaie a basso tenore di NOx di alcuni costruttori sono dotate in fabbrica di precamera di acciaio inox (non di ceramica, per ragioni di economia costruttiva e di trasportabilità) in modo da incrementare la quota di energia radiante emessa dalla fiamma a spese della temperatura dei fumi: ciò è rivelato da uno spostamento del colore della fiamma stessa verso il violetto (“fiamma blu”), infatti il contenuto energetico dei fotoni, come si sa, è direttamente proporzionale alla frequenza della luce emessa. Una nota molto dolente è rappresentata dai vari olii combustibili (almeno tutti quelli che richiedono il preriscaldamento a monte del bruciatore, il cui consumo in Italia nel solo mese di gennaio 2003, da un rapporto del CIR (Centro Italiano Riscaldamento), è stato di 273 mila tonnellate!) che, analizzati in diverse occasioni ai fumi, da chi scrive, sono risultati decisamente fuori dai limiti degli NOx consentiti proprio perché hanno una temperatura di fiamma significativamente più alta di Gasolio e Metano (con ancora non risolti problemi di refrattarietà per le precamere). 6. CONCLUSIONE Il risparmio energetico nelle caldaie per riscaldamento di ambienti è strettamente associato alla salvaguardia dell’ambiente, inoltre le prove su gruppi termici strumentati dimostrano che in regime stazionario, con Rendimenti Utili eccellenti, non c’è nulla da risparmiare. Meraviglia il fatto che illustri colleghi, con molta boria (ironia dei nomi!), insistano pervicacemente nell’opporre argomentazioni improprie (Rendimento di Combustione) a chi presenta dispositivi, atti al risparmio energetico, truffaldini (o presunti tali) dimenticando che l’improprietà delle argomentazioni scientifiche rappresenta di per se un espediente truffaldino! Lo spreco su cui operare è la differenza tra etaTS e etaGMS, differenza che può avere una notevole consistenza (anche più del 30%): il risultato pratico dell’applicazione della precamera dipende dall’interazione con il sistema bruciatore/caldaia/impianto/edificio (ovviamente esiste un rendimento nel rendimento…). Proprio questa particolare natura dell’intervento e l’inesistenza di normative ad hoc, rende senza senso la richiesta, da qualche parte avanzata, di certificare a priori il prodotto e/o i risultati ottenibili: l’unica proprietà certificabile è la non nocività e, perché no?, anche la bontà in linea di principio dell’applicazione! Notiamo ancora che, tra le regole dell’arte nell’applicazione della precamera, c’è la riduzione della portata di combustibile, infatti il minor consumo di combustibile per unità termica prodotta non deve peggiorare il Fattore di Carico: se si considera il generale sovradimensionamento dei gruppi termici esistenti, già denunciato, è buona norma raccomandare riduzioni di portata consistenti, ma necessariamente compatibili con il “range” del bruciatore e sempre cum grano salis. A corollario dei discorsi fatti riteniamo non prive di fondamento le critiche di alcuni tecnici contro gli impianti autonomi con bruciatore atmosferico: chi si ferma al Rendimento di Combustione certamente non le condividerebbe, ma se considerasse il Rendimento Globale Medio Stagionale probabilmente cambierebbe opinione. Chi scrive non è in possesso di dati precisi (la Precamera Catalitica si applica ai bruciatori soffiati) tuttavia non si stupirebbe se i etaGMS reali degli impianti autonomi fossero talmente inferiori a quelli di un onesto impianto centralizzato, da sconsigliarne l’adozione. La durata delle precamere in SiC, correttamente installate, è certamente assai lunga; ma poiché la loro applicazione su larga scala è iniziata circa dieci anni fa, non ci sono dati sperimentali più maturi. E’ certo che pezzi installati ai primi tempi si presentano ancora oggi in ottimo stato il che permette di prevedere una loro lunghissima vita. Con questo lavoro speriamo di avere compiuto un passo in avanti per eliminare ambiguità ed assurdità spesso esistenti non solo nella presentazione di prodotti miracolistici, ma anche nell’atteggiamento dei tecnici che, altrettanto spesso, dimenticano i principi di una sana dottrina scientifica. Abbiamo posto dei limiti teorici (associati a condizioni al contorno da verificare in ogni caso pratico) alle reali possibilità di risparmio energetico (“niente spreco, niente risparmio!”). Infatti lo studio della Precamera Catalitica consente di trarre conclusioni di principio valide per qualsivoglia sistema che si proponga il medesimo obiettivo. Ci permettiamo di raccomandare alle giovani leve di lasciare ai presuntuosi gli atteggiamenti ed il linguaggio da Santa Inquisizione che quotidianamente ci capita di osservare quando si presentano idee nuove. Infatti il Maestro del pensiero scientifico moderno, Galileo, discuteva, con pacatezza e con possibilismo, di tutto. Ci piace condensare il Suo atteggiamento nel seguente motto, che dovrebbe permeare la vita di ogni Tecnico: “L’Esperienza è la regina di ogni Scienza”. Ringraziamenti Ci siano consentiti speciali ringraziamenti al prof. Adolfo Sabato, Responsabile Scientifico del Laboratorio di Tecnica del Controllo Ambientale dell’Università della Calabria, che ha tracciato ed illuminato il solco su cui sono maturate le nostre riflessioni; all’ing. Roberto Socal partecipe a numerose discussioni (all’ombra del Salmo 42!) sull’argomento; al prof. Evandro Sacchi, del Politecnico di Milano, per i preziosi consigli ricevuti. |